giovedì 12 giugno 2014

Le cause ed Effetti del Declino Italiano

Il post di oggi prende le mosse dalla conversazione FB intrattenuta col prof. Davanzati, autore dell' articolo "Così muore l'economia italiana", pubblicato da Micro-Mega, in cui individua le causa del declino economico italiano "essenzialmente" nel calo di produttività imputabile a vari fattori fra i quali, non da ultimo, la caduta della domanda aggregata che si è registrata in Italia, almeno a partire dagli ultimi 20 anni, aggravata dalle politiche di austerità.

L'articolo, accompagnato dal grafico sulla dinamica della produttività in Italia, nei paesi europei e negli USA dagli anni 2000-2010, era meritevole di approfondimento con l'autore che a mio avviso illustra le correlazioni fra domanda e produttività, senza tuttavia spiegarne le causalità.

E' di tutta evidenza, infatti, che l'espansione della domanda aggregata generi crescita di produttività e delle strutture dimensionali imprenditive; parimenti, la caduta di essa si ripercuote simmetricamente, con effetto domino, sulla produttività, sui livelli occupazionali (che ovviamente si contraggono), sui salari e dunque sui consumi che disincentivano le innovazioni.

Ferma restando la bontà delle soluzioni ivi suggerite, la concatenazione relazionale dei meccanismi illustrati lascia insolute le radici di questo declino che, contrariamente a quanto dedotto nella premessa dell'articolo, non è affatto antecedente all'adozione della moneta unica, ma ne rappresenta invece la causa scatenante.

Qui a lato (il grafico è di Scenari Economici) si documenta inconfutabilmente la portata della catastrofe e, segnatamente, l'impatto che la moneta unica ha avuto sulla nostra economia.

L'adozione del cambio fisso è assolutamente incompatibile con la nostra struttura economica; paradossalmente, lo stesso grafico pubblicato da Davanzi certifica la disfatta di quanto avvenuto, fotografando la dinamica della produttività negli anni dell'Euro (2000-2010).

Ma se l'avvento della moneta unica decreta la morte produttiva e industriale del sistema italiano, l'esperienza storica più recente ci dimostra che i nostri guai hanno sistematicamente coinciso con l'irrigidimento dei cambi: 1979 (ingresso nello SME), 1987 (ingresso nello SME "credibile") e 1996 sono le 3 date fatidiche che segnano il calo della nostra produttività rispetto soprattutto a quella tedesca.

Viceversa, in presenza di una Lira fluttuante, in regime di cambio fluttuante, abbiamo registrato una migliore variazione produttiva. D'altronde se un accordo valutario chiude i mercati di sbocco determina una flessione delle esportazioni nette. A quel punto è inevitabile che i produttori siano meno incentivati a incrementare la produttività, non avendo ragionevoli aspettattive di collocare i propri prodotti.

Praticare prezzi più convenienti aiuta a diventare più competitivi, ma la maggiore competitività dipende dalle capacità di vendita che oggi (come osservato qui) è penalizzata dall'agganciamento ad una valuta artificialmente sopravvalutata.

Il prof. Davanzati mi ha amabilmente obiettato un'impostazione monocausale, rilevando che "... il tasso di cambio non spiega la recessione dei primi anni sessanta e tantomeno ancora quella ancora più intensa dei primi anni settanta".

In effetti il regime di cambi non c'entra nulla con le crisi di quei due periodi.

Le determinanti della crisi sociale italiana degli anni '60 sono, in qualche misura, coeve alla fase di intenso e straordinario sviluppo rappresentato dal miracolo economico 1956-1962. Nella storia dell'Italia post-unitaria nessun periodo storico ha fatto più registrare un così intenso e prolungato ciclo di espansione. Era dunque del tutto "fisiologico" un rallentamento in quegli anni.
Secondariamente, l'Italia era sproporzionatamente subordinata alle ragioni dell'economia americana e agli interessi strategici del sistema sovranazionale incardinato attorno agli USA.

Negli anni '70, invece, è stato lo shock petrolifero ad avviare non solo in Italia, ma in tutti i paesi occidentali, politiche recessive che col cambio flessibile non avevano alcun legame. Vieppiù nella metà degli anni '70 si è registrata una contrazione del commercio internazionale del 5% che non si verificava addirittura dal 1952.

Mi pare quindi di poter sostenere che "a crisi diverse" debbano essere addotte ragioni obiettivamente diverse. A conforto di quanto sia penalizzante la moneta unica richiamo ancora qui di seguito il seguente grafico:













che il prof. Sapir ha commentato col seguente tweet:







QUESTO PROVA (1) EFFETTI NEGATIVI DELL'EURO (2) CHE L'ITALIA ERA UN COMPETITOR DELLA GERMANIA (3) LA GERMANIA STA USANDO L'EURO COME UN'ARMA.

AMEN

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