mercoledì 24 settembre 2014

Critica a Stiglitz l'Euro è irriformabile

Ho ascoltato ieri la lectio magistralis del prof. Stiglitz nell'audizione della Camera. Per i più volenterosi questo è il link .

Lo dico subito, senza peli sulla lingua: ho trovato l'intervento di Stiglitz piuttosto modesto che riassumo nei seguenti passaggi:

1) la perdita del capitale umano giovanile, che non trova ingresso nel mondo del lavoro e che è stato compromesso irreversibilmente, quantificato da Stiglitz fra i 30 e 100 trilioni di dollari;

2) l'unico motivo per cui gli USA possano avere una crisi del proprio debito è che, nel lungo periodo, ci sia una prolungata mancanza di elettricità che impedisca ai computer della casa bianca di digitare numeri sul computer";

3) il più grande errore dell'Europa è stato quello di adottare l'Euro (e su questo non credo ci fosse bisogno di scomodare un premio Nobel) e porre dei limiti alla spesa a deficit (senza spiegarne il perchè); ha fatto cenno a Mundell ricordando che l'Europa non era un' unione monetaria ideale perchè non esistevano le condizioni ideali che potessero giustificare l'adozione di un'aggregazione monetaria. Stiglitz ha poi ricordato che anche dopo l'esplosione della crisi in Grecia, non sono stati realizzati quei cambiamenti che sarebbero stati necessari per far funzionare l'euro. Troppo pochi e tardivi.

3) Le riforme strutturali (che in italiano significa realizzare tagli ai salari dei dipendenti) sono IL PROBLEMA non la soluzione (ma va ?!);

4) Se si spende bene a deficit, poi, attraverso il moltiplicatore, si possono solo che migliorare le condizioni economiche.

Peccato che, al riguardo, il prof. Stiglitz abbia omesso di dire che questo effetto si possa dispiegare in presenza di sovranità monetaria, cioè di uno Stato (USA) che abbia la capacità di emettere e controllare l'emissione della moneta.

Già perchè questa prerogativa è oggi in mano alla BCE che "regala" 1500 miliardi a botta alle banche, le quali pagano il danaro allo 0,05% e ogni Stato membro dell'Eurozona, per finanziare la propria spesa pubblica, deve farsi prestare il danaro dalle banche al tasso di mercato. Questo la BCE lo fa utilizzando la sovranità monetaria degli Stati membri.

Ora, dire come fa Stiglitz, che una spesa "efficientata", attraverso il moltiplicatore, non fa altro che migliorare le condizioni economiche è un'imperdonabile errore: uno Stato dell'Eurozona, senza sovranità monetaria, politicamente impossibilitato a ricorrere agli eurobond (obbligazioni di debito pubblico, la cui solvibilità è garantita dagli stessi paesi dell'Eurozona il che significa che i paesi c.d. virtuosi" devono accollarsi gli oneri del debito dei PIIGS, con riflessi sul versante inflazionistico) non può dar vita ad alcun programma di crescita.

Mi ricorda tanto chi ha un esercizio commerciale e ritiene di poter rilanciare la propria attività rivolgendosi ai cravattari.

Dopo pochi mesi s'accorge non solo di non aver saldato i propri debiti, ma di dover rinunciare pure al suo negozio.

La questione Euro è di una semplicità disarmante : è una moneta che non è di nostra proprietà. Per usarla, lo Stato deve indebitarsi coi mercati finanziari (attraverso l'emissione di titoli di stato), i quali pagano, come detto, un modesto "affitto" alla BCE che a sua voltà è di proprietà della Germania, in quanto socio di maggioranza.

La politica dell'azienda produttrice dell'Euro, chiamata BCE, è guidata dagli interessi del socio di maggioranza (Germania) che ne presiede il consiglio di amministrazione.

Se usi una moneta che è tua
1) non puoi manovrare i volumi di massa monetaria,
2) non puoi stabilire il tasso d'interesse,
3) non puoi svalutare per regolare la tua bilancia dei pagamenti,
4) non puoi fare spesa pubblica, secondo le necessità di infrastrutturazione del paese.

In poche parole, non puoi decidere NULLA che riguardi la politica monetaria, fiscale, commericiale e, in generale, economica del paese.

Stiglitz ha insisto sulla pretesa riformabilità dell'Euro, ma per sua stessa ammissione (v. punto 3) i meccanismi di riaggiustamento oltre che tardivi, si sono rivelati pure inefficaci. Voi ci credete ancora ? Io no.

Stiglitz, in quella "lectio magistralis", ha riproposto il contenuto di un suo vecchio articolo, pubblicato su Project Syndacate, in cui disse che l'Euro ha bisogno di maggiore fiscale.

Peccato che non abbia avuto il coraggio di ripetere quanto aveva già dichiarato a Le Nouvel Observateur: "se non lo si può riformare, non credo che sia poi così male tornare alle vostre vecchie monete".

Un inciso che avrebbe avuto sulla platea un impatto dalle proporzioni immani e che lo avrebbe definitivamente consacrato fra gli dei dell'Economia (quella maiuscola, s'intende), in primo luogo perchè avrebbe costretto ad aprire un dibattito sulle ragioni dell'irriformabilità dell'Euro (nato con difetti di fabbrica così gravi da renderne impossibile una sua ristrutturazione) e, secondariamente, sulle ragioni di un ritorno alle valute nazionali.

Un occasione sprecata la sua e la dimostrazione non soltanto di scarsa indipendenza, ma soprattutto di concretezza nell'analisi empirica che altri suoi colleghi hanno dimostrato e lui... no.

Mi sarei aspettato anche qualche parola di censura anche sui demenziali parametri di riaggiustamento degli squilibri macroeconomici, elaborati dalla Commissione europea; dico demenziali perchè quei parametri sono stati dettati nel senso di
1) tollerare surplus commerciali più grandi dei disavanzi (+6% contro il -4%) frutto di quel messaggio ideologico mercantilista per cui chi esporta è bravo, mentre chi importa è un cretino e
2) di permettere a chi è in avanzo di prestare più di quello che i debitori possono prendere in prestito.

Ecco ... mi sarei aspettato che, da un personaggio del calibro di Stiglitz, emergessero queste verità elementari che sembrano inconfessabili, come inconfessabili sembra l'idea che l'Euro sia un progetto irriformabile: per ragioni storico-politiche legate al desiderio di dominio  pangermanico che ha avuto la sua elaborazione teorica in Friedrich Nauman e, a livello economico, in Walther Funk e, soprattutto, nelle ragioni economico-creditorie della Germania, che non ha alcuna intenzione di "socializzare" le perdite e farsi rimborsare in moneta deprezzata.

Questa è la verità che pochi hanno il coraggio di dichiarare. Essere un uomo libero significa poter dire la verità e ieri Stiglitz ha dimostrato di non esserlo.

Nessun accenno poi all'idea che un Paese possa uscire unilateralemente, nè all'unione bancaria.

Sulla base di queste considerazioni, mi è parso persino vacuo e stucchevole - alla fine del suo intervento - quel richiamo al giuramento d'Ippocrate: il malato (l'Eurozona) sta morendo e e se si vuole salvare il salvabile il tumore va estirpato e non geneticamente mutato.

lunedì 8 settembre 2014

Dove Sbagliammo

"Dove sbagliammo". La risposta è complessa e non facile da riassumere in poche righe. Questa crisi ha radici lontane che partono da una vicenda dagli effetti catastrafoci per la nostra economia.

Il "divorzio" Ministero del Tesoro/Banca d'Italia, con tutto rispetto, è stato fatto coi piedi: dal punto di vista politico è stato sottratto al controllo democratico perchè l'operazione non è stata sottoposta ad alcun vaglio democratico del potere parlamentare;

sul lato tecnico, l'operazione fu un'incompiuta poiché – nelle intenzioni di Andreatta - doveva essere accompagnato

1) dalla creazione di un consorzio interbancario per il collocamento del debito pubblico e
2) dalla nuova regolamentazione dello scoperto di c/c di tesoreria,

La mancata attuazione di questi 2 punti ha dato luogo all'ormai nota accelerazione dei rendimenti dei titoli di stato, che ha provocato lo storno degli investimenti produttivi dall'economia reale a quella finanziaria con gli effetti di una drastica riduzione dell'occupazione.

In parole semplici: la profumata remunerazione dei t.d.s. ha scoraggiato gli investimenti produttivi dei ns. imprenditori, che hanno iniziato a scoprirsi Finanzieri (non si perseguiva più il profitto, ma la rendita senza fare alcunchè !) a sfavore dei livelli di occupazione, che iniziarono progressivamente a deteriorarsi.

Non mi piace fare processi alle intenzioni, ma ritengo di poter dire che questo processo non sia stato casuale: Andreatta (pace all'anima sua) aderiva ad un impostazione monetarista, in voga in quegli anni, per effetto della quale

1) la scala mobile impediva il controllo dell'inflazione (idea fasulla)
2) l' indipendenza della Banca d'Italia avrebbe favorito il controllo della moneta (falso) e, secondo i monetaristi, i prezzi e – quindi - si sarebbe potuto avviare quel processo di disinflazione.

Ad Andreatta riconosco l'onestà intellettuale d'aver ammesso che il divorzio sia stato determinante nell'esplosione del debito pubblico causata dagli alti tassi d'interesse, raddoppiati in un decennio (passando dal 6% del 1981 al 12% del 1993 e ricordiamolo - a chi avesse la pazienza di leggere queste note - che dal 1960 al 1980 il rendimento reale medio dei nostri titoli era – 1%).

All'esplosione dei tassi d'interesse che hanno sottratto risorse dall'economia reale, ha fatto da contraltare il crollo del fabbisogno primario (cioè lo Stato ha iniziato ad incassare in imposte e tasse più di quanto spendesse per i suoi cittadini) passando dal +5 al -3%.

Perchè ? Avevamo firmato Maastricht, vincolandoci alla logica del taglio delle spese e dell'aumento della pressione tributaria per fronteggiare il crescente peso degli interessi sul debito.

Il fenomeno tecnicamente è denominato di output-gap cioè di minore crescita dovuta ad una sottoutilizzazione dei fattori della produzione nazionale, dipendente da politiche fiscali restrittive in assenza di esigenze correttive del ciclo economico.

Ma le disgrazie, come è noto, non vengono MAI sole.

All'abbandono della scala mobile, alla catastrofica difesa del cambio della lira da parte di un modestissimo governatore della banca d'Italia divenuto poi Presidente della Repubblica, hanno fatto poi seguito ulteriori tappe:

1)l'abolizione del vincolo di portafoglio (le banche cioè non erano obbligate all'acquisto dei titoli di stato, in rapporto alla percentuale dei depositi) e

2)l'abolizione del massimale sugli impieghi (che rappresentavano una soglia di sbarramento agli incrementi di affidamenti bancari, tali per cui le banche non potevano concedere più credito raggiunta una determinata soglia).

Tutti esempi di erosioni progressive di sovranità e di mancata difesa dei nostri interessi.

A dirla tutta in quell'epoca chi ha tentato di mettere in discussione questa logica è stato pesantemente intimidito. Voglio ricordare che il CESPE (valente centro studi di Bankitalia) azzardò una ricerca con la collaborazione di alcuni elementi della sinistra della DC - lontana proprio ad Andreatta - e fu pesantemente minacciata da Ciampi che telefonò a Berlinguer per stoppare questi tentativi.

Il resto come sapete è storia recente. Era evitabile questo sfracello economico attuale ?

Sì, certo. Leggete la pag. 404 delle memorie di Guido Carli e ricordate la genesi dell'EZ, nata soprattutto per volontà della Francia che soffriva la forte competitività della Germania.
Il patto franco-tedesco avrebbe avuto senso soltanto se l'Italia avesse partecipato all'accordo.

In quegli anni l'Italia rappresentava una seria minaccia industriale per i 2 partner europei. La definitiva rinuncia alla sovranità monetaria è avvenuta non soltanto attraverso il piano di dismissioni (privatizzazioni selvagge) ma con l'accettazione piena ed incondizionata dell'accordo raggiunto fra Kohl e Mitterand.

Illuminante, in questo senso, è la testimonianza di Paolo Baffi che, nella sua posizione d'integrazione dell'Italia nel contesto monetario europeo, sosteneva che il nostro ingresso sarebbe dovuto avvenire con altre modalità, di certo non così affrettatamente come stavano facendo Germania, Francia e Olanda, ma con tempi adeguati che non ci obbligassero ad una prematura rinuncia della leva del cambio, restituendo ai mercati la possibilità di determinazione dei tassi obbligazionari - senza per questo ridurre un Paese alla rovina e, soprattutto, con l'idea che l'autonomia della Banca Centrale non si traducesse in un esautoramento della politica, dando tutto il potere alle grandi banche.

Gli euroscettici di allora non riuscirono in alcun modo ad influire su quelle scelte per la semplice ragione che (vuoi per un motivo vuoi per un altro) furono tolti di mezzo per varie ragioni: da Moro a Paolo Baffi a Federico Caffè ecc.

Ecco dove sbagliammo e se siete riusciti a leggere questo post chilometrico, giuro vi applaudo. :)